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PIAZZA AD ANCONA


LUOGO Ancona, Italia
ANNO 1978
TEMA Città
STATO Concorso
PROGETTISTI Antonio Monestiroli, Edoardo Guazzoni, Paolo Rizzatto


L’area destinata alla nuova piazza è adiacente all’asse che da piazza della Repubblica attraversa tutto il centro della città di Ancona fino al Passetto. Rispetto a questo asse è situata in posizione centrale, nella conca fra la Cittadella e il rilievo dei monti Guasco e Cardeto. Dal porto al Passetto la città presenta tre parti diverse e successive: la città antica, la città ottocentesca, l’espansione novecentesca. Tutte e tre queste parti hanno una loro piazza che le rappresenta. La piazza Plebiscito, lunga e stretta, in salita verso San Domenico, posta perpendicolarmente al mare, è l’asse di simmetria della città antica, il suo luogo centrale che la unifica e costituisce l’immagine stessa di questa parte della città; piazza Cavour è il sistema generatore della città ottocentesca, ordina il disegno delle case d’affitto che si affacciano su di essa e le loro vicine, stabilendo la nuova dimensione del costruito di questa parte della città (case alte con i fronti omogenei, definizione perentoria di un unico modo di abitare).

Tale tessuto genera diverse piazze minori: piazza Roma a cavallo delle due città, l’antica e l’ottocentesca, e piazza Stamira, che si formano seguendo la regola del tessuto ottocentesco, al di là di ogni funzione, secondo la logica dell’autorappresentazione della residenza. Infine il tessuto novecentesco che ha come meta piazza IV Novembre sull’altro versante della città, una piazza alta e aperta sul mare, che affronta, anche se in termini pretenziosi, il tema della definizione di un luogo strategico nella geografia della città con la costruzione di un monumento commemorativo. La piazza in queste tre parti della città assume un significato strettamente connesso alla logica di costruzione del le parti stesse; è per ognuna di esse un luogo dove si riassumono i loro caratteri generali. Progettare una piazza oggi significa misurarsi con questo problema, avendo di fronte una città che è la somma di tutte queste parti e altre, è necessario costruire un luogo che abbia un significato in sé, che diventi un riferimento per tutta la città. Analizzando le alternative che pone il tema della piazza e i caratteri del luogo dove viene costruita, emergono tre diverse possibilità: assumere i caratteri della città dell’Ottocento e completarli con la nuova costruzione dei fronti degli edifici da ristrutturare (tale soluzione che in linea teorica è possibile, è compromessa dai nuovi edifici esistenti); destinare l’area a un giardino (viste le dimensioni ridotte sembra una soluzione di ripiego, sia per le aree verdi – logica occasionale, frantumazione e sparpagliamento del verde – sia per l’area in questione che non potrà mai assumere una nuova unità col solo ausilio del verde); prevedere la localizzazione di una funzione urbana e riempire lo spazio libero con la costruzione di un edificio pubblico in sostituzione dell’ex panificio militare, come nell’originale stesura del piano ottocentesco (tale scelta, contraddetta dall’amministrazione e dal bando di concorso, ha lo svantaggio di aumentare il processo di accentramento delle funzioni, il livello di congestione e la contraddizione tra il centro e le aree periferiche).
Le tre alternative paiono avere forti aspetti negativi, tuttavia mettono in evidenza la necessità di ricostruire li-solato mancante riportando il disegno del piano al suo assetto originario, di definire la piazza senza avvalersi della ristrutturazione del suo perimetro e senza localizzare una funzione urbana che sarebbe causa di congestione e squilibrio.
Tutti questi argomenti ci hanno indotto a proporre la costruzione di una piazza coperta, che assuma un suo carattere ben definito e che diventi un luogo di riferimento per la città intera. Il luogo è definito da un edificio che, essendo completamente aperto su tutti i lati, consente il suo attraversamento e può contenere le più diverse funzioni che si svolgono in una piazza o nei luoghi pubblici protetti (logge, porticati ecc.) come il mercato o altre manifestazioni pubbliche come musei, esposizioni ecc. La sua costruzione (pilastri e copertura) si pone con una propria individualità che si confronta con la città circostante senza contraddirla ma assumendone i caratteri (fronti degli edifici adiacenti) come caratteri complementari. Tale ipotesi tipologica ha una sua fondatezza nella storia della città.
E proprio della città un luogo pubblico aperto ma coperto che a volte assume una funzione specifica, come i mercati coperti della città gotica, ma che spesso si pone come luogo in cui si svolgono diverse funzioni pubbliche (come i piani terra degli edifici comunali, i porticati, le logge ecc.). Un luogo che contiene un significato che va oltre le singole funzioni particolari e che si configura come luogo civico per eccellenza, in cui si raccoglie la cittadinanza per una manifestazione urbana. Questa soluzione, valida indubbiamente per tutta la città, si pone al di fuori dell’identità delle tre città di Ancona, è un elemento della città moderna che considera la città storica in una nuova unità. Le tre città sono già unificate dall’asse che collega il porto al Passetto. Adiacente a quest’asse la piazza coperta con la sua forma propria si propone alla città storica e alla città moderna con-temporaneamente. Analizzando le soluzioni nella storia di edifici analoghi si può notare come questi abbiano in comune un carattere che li distingue e che è la mancanza di una definizione del loro uso. La disposizione dei pilastri che sostengono la copertura è quasi sempre regolare e a maglia quadrata, come per indicare il massimo grado di indifferenziazione dell’uso dell’area coperta. Tale schema è stato già ripreso da architetti moderni che ne hanno messo in evidenza il significato al di là delle funzioni particolari. Due esempi di grande interesse sono: l’uno di Tessenow, un progetto per un edificio coperto ma aperto, un edificio collocato nella campagna, un sistema fitto di sostegni di un grande tetto, la forma più semplice per costruire un riparo collettivo. L’altro, il progetto di Mies van der Rohe per un museo, in cui la maglia di sostegno del tetto diviene la guida, l’immagine fissa per un uso differenziato da punto a punto. Le funzioni possibili in edifici di questo genere come abbiamo già ripetuto sono diverse, dal mercato al museo, al teatro; tuttavia questo edificio può essere semplicemente un luogo di passaggio che rappresenta, al di là del suo uso, il suo significato. E il significato nel nostro caso è di un luogo collettivo per eccellenza. Nelle aree libere da pilastri vi sono quattro scale che portano ad un piano interrato che è costruito riprendendo (al chiuso) gli elementi della piazza sovrastante. Non abbiamo indicato precise destinazioni nemmeno a questo piano considerando possibili funzioni diverse. Si tratta di una grande sala divisa in tre parti di cui quella centrale è caratterizzata dal ripetersi della maglia dei pilastri che sono le basi dei pilastri del piano superiore: in prossimità delle scale vi sono due aule comuni. Tale piano interrato è un supporto necessario alle attività che si svolgono nella piazza. La struttura verticale ed orizzontale è in ferro per la parte dell’edificio fuori terra ed in cemento armato per la parte interrata. I pilastri, a sezione quadrata, sono di 40 cm di lato, vuoti internamente, e distanti 6 m l’uno dall’altro. La loro altezza è di 14 m. La copertura è in ferro. Tutte le parti metalliche sono verniciate in colore scuro. La pavimentazione è in quadrotti di cemento lisciato a vista. Gli atri delle scale sono intonacati di colore rosa mattone e coperti da un lucernario in ferro e vetro così come le pareti d’ingresso, completamente vetrate.



IN

Massimo Ferrari (a cura di) Antonio Monestiroli Opere, progetti e studi di architettura Electa Milano 2001

Francesco Moschini (a cura di) Antonio Monestiroli Progetti 1967-1987  Edizioni Kappa Roma 1988