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NODO FERROVIARIO A BOLOGNA


LUOGO Bologna, Italia
ANNO 1983
TEMA Città
STATO Concorso
PROGETTISTI Antonio Monestiroli, Sandro Cobertaldo, Paolo Rizzatto
COLLABORATORI  Roberto Agostini, Alberto Bonadonna, Bruno Borghesani, Alberto Gerola, Isabella Lagomarsino, Cristina Manzoni, Luigi Mascheroni, Giorgio Masiani, Mario Moscatelli, Alberto Pezzola, Valerio Turra


La definizione tipologica di un edificio dipende dal tema e dai caratteri del contesto. Il tema in questione riguarda la costruzione di un luogo che sia allo stesso tempo luogo dei passeggeri e dei treni. Tutte le altre funzioni sono complementari a questo rapporto. Possiamo dire che il tema nei nostri giorni non si è ancora identificato in un tipo edilizio cui fare riferimento. E necessario approfondirlo ulteriormente per giungere alla definizione di un edificio adeguato, avente caratteri stabili e ripetibili. La storia di questo manufatto testimonia come il rapporto fra passeggeri e treni abbia fortemente condizionato, fino ai caratteri stilistici, la sua costruzione. Le parti dell’edificio destinate agli uni e agli altri sono costruite in forme distinte, con due tecnologie diverse espresse in forme diverse fino all’ultimo dettaglio.

Due sistemi formali che fanno riferimento a due mondi, il mondo della vita civile e il mondo della tecnica, come mondi separati. Questa scissione è propria della cultura ottocentesca che ha inventato questo tipo di edifici e ha costruito gli esempi più belli definiti attraverso questo rapporto-contraddizione fra le grandi coperture metalliche e gli edifici di servizio passeggeri costruiti nelle stesse forme dei teatri, municipi ecc. Dopo la costruzione delle grandi stazioni ottocentesche il tema ha perduto la sua identità. L’abbandono delle grandi coperture e la loro sostituzione con le pensiline ha ridotto l’importanza del luogo dei treni; il rapporto si è ridotto ai suoi caratteri utilitaristici, perdendo ogni qualità evocativa. Ma la magia della stazione ottocentesca non è più riproducibile, appartiene alla cultura di quel secolo. Oggi sappiamo che l’atto costruttivo dell’ingegnere e dell’architetto è unico e che le forme in cui si deve compiere (per l’uno e per l’altro) sono quelle che più si adeguano ad esso. Per cui è necessario definire nuovamente i caratteri del tipo edilizio ripensando alla forma del luogo in cui si realizza il rapporto tra le diverse funzioni che appartengono al tema. La nostra scelta in proposito è che il luogo della stazione sia unitario e indiviso come sotto le grandi coperture dell’Ottocento. La stazione di transito pone una questione che ne condiziona l’impianto: la necessità di attraversare i binari. Considerando che il fascio dei binari divide la città in due parti, proprio come un fiume, la stazione di transito si deve fare carico di ricollegare le due parti separate. Questa funzione è di solito svolta da un sistema di sottopassaggi, per quel che riguarda il traffico interno, e rimane spesso senza soluzione per quel che riguarda la città complessivamente. Risolvere questo problema senza contraddire le scelte di fondo significa scartare ogni soluzione in cui restano separati i due mondi, dei passeggeri e dei treni. La scelta compiuta è di un sistema di ponti fra loro collegati da due percorsi longitudinali che individuano una serie di corti successive in cui i ponti si affacciano ristabilendo il rapporto con i treni. L’immagine ricorda i tratti di fiume al centro delle grandi città europee, dove si incrociano, in modo molto simile, due livelli di traffico. Allo stesso modo lo schema da noi proposto prevede l’incrocio di due livelli di traffico, pedonale e ferroviario, che stabiliscono una reciproca relazione sotto un’unica grande copertura. Abbiamo cercato di verificare quest’ipotesi con il luogo in cui la stazione deve sorgere. Il luogo aspira ad essere un nuovo centro della Bologna policentrica, un luogo attraversato dalla grande viabilità che collega tutti i centri dell’asse della via Emilia, un sistema di traffico sia ferroviario che viabilistico che passa fra il centro storico e l’espansione a nord. Così un edificio collocato in quest’area assume l’importanza dei grandi edifici pubblici costruiti sul decumano, al centro della Bologna antica, con il compito di collegare le due città divise dal passaggio della ferrovia. Il sistema di strade del tessuto a nord (Bolognina) può essere collegato, attraverso i ponti della stazione, con il sistema di strade a sud. La regolarità dell’impianto viario della Bolognina stabilisce il passo regolare dei ponti e la costruzione di tre corti identiche e successive. Fra queste, una strada porticata è allo stesso tempo strada di accesso alla stazione e percorso di transito da una parte all’altra della città. Ne risulta un sistema che riprende le misure del tracciato della città a nord e collega ordinatamente le due parti, scavalcando i binari che a loro volta garantiscono il suo collegamento con tutti gli altri centri della città policentrica. Crediamo che rispetto alle nuove dimensioni del nostro intervento cercare una relazione con l’attuale piazza sia un fatto riduttivo e sostanzialmente fuori scala. Questo è il motivo per cui il rapporto della stazione con la piazza può stabilirsi con l’edificio che vi prospetta attualmente, ristrutturato per accogliere il nuovo albergo dei ferrovieri. La forte commistione delle funzioni legate alla stazione ferroviaria con le funzioni commerciali indicate nel bando sembra più dovuta a motivi finanziari che a reali esigenze funzionali. Pur accettando questo dato, bisogna impedire che queste funzioni divengano egemoni, trasformando la stazione in un grosso centro commerciale. Questo pericolo è reale ed è testimoniato dalle molte stazioni costruite di recente in Europa di cui è difficile il riconoscimento tipologico per la prevalenza della funzione commerciale. Va mantenuto saldo, al contrario, il principio per cui le funzioni commerciali vanno riferite alle funzioni della stazione ferroviaria, che rimangono le funzioni primarie cui è affidato il compito di determinare il tipo edilizio. A questo proposito si è scelto di costruire un impianto il più possibile chiaro e in grado di identificare il tema, all’intemo del quale sia garantita una grande elasticità, la possibilità cioè di aggiungere o togliere le diverse funzioni complementari. Infatti se la struttura generale dei ponti è fissa (collegamenti con il piano del ferro, i ballatoi di distribuzione, la strada porticata che attraversa trasversalmente tutto il sistema) ogni ponte può poi essere allestito con elementi prefabbricati leggeri, pareti vetrate, divisori mobili ecc. in modo da consentire i diversi e successivi cambiamenti che risultino necessari. Si distinguono dunque due strutture, l’una che definisce l’impianto generale, l’altra, contenuta nella prima, che ospita le funzioni specifiche secondo le quantità e i rapporti di relazione richiesti dal bando di concorso. Ogni ponte raggruppa funzioni affini, e in tal modo si specializza: il ponte della stazione, degli uffici, dei magazzini, dei servizi ecc., tra loro tutti collegati da un sistema di ballatoi continui. Solo l’hotel dei ferrovieri rimane fuori dall’impianto dei ponti e, come abbiamo visto, si colloca in una parte dell’attuale stazione ristrutturata. La costruzione delle tre corti è affidata a tre elementi che in relazione reciproca distinguono e identificano il luogo. Il primo elemento è il grande sostegno dei ponti che contiene le risalite dai binari (scale, scale mobili, ascensori). La successione di questi elementi definisce allo stesso tempo la base dei ponti e la sede dei treni: una serie di gallerie successive intervallate dalle corti coperte. Questi elementi sono in cemento armato, rivestiti con la stessa pietra con cui sono lastricati i marciapiedi dei treni. Questo sistema, marciapiedi-sostegni, costruisce lo zoccolo di tutto l’edificio ed è la sede dei treni. Il secondo elemento è il ballatoio di distribuzione dei ponti, che è costruito con pilastri in ferro e che definisce le corti su tutti i loro lati. La scelta del ferro non è solo un riferimento alle grandi stazioni ottocentesche, che rimangono ancora gli esempi più belli di questo tipo edilizio, ma nasce dalle esigenze costruttive specifiche, luci notevoli, grandi pareti vetrate ecc. Il terzo elemento, infine, è costituito dalla struttura piana di copertura delle corti (128 × 175 m). Una struttura spaziale in acciaio ricoperta in vetro che costruisce il grande tetto luminoso che conferisce unità alle corti e contiene sotto di sé tutte le attività della stazione. Il rapporto tra questi tre elementi, i sostegni dei ponti, i ballatoi continui, la copertura, costruisce l’identità del luogo cui sono complementari i treni. L’edificio non ha un vero fronte. Il lato lungano che prospetta sul centro storico è costruito con un sistema di due percorsi longitudinali paralleli, il ballatoio interno e un lungo portico esterno, fra i quali uno stretto corpo di fabbrica contiene le risalite, i servizi e alcuni spazi di rivendita. La lunga strada porticata (540 m circa), costruita in ferro, unisce tutti i ponti fra di loro ed è collegata alla quota della città da cinque torri in mattoni, collocate ognuna in corrispondenza di un ponte, che contengono scale e montacarichi per le merci. Solo in corrispondenza della strada porticata che attraversa la stazione le torri si raddoppiano, per indicare quel punto. Sulla città storica l’edificio si affaccia così con due elementi che le appartengono da sempre: la strada porticata e le torri, confermandone il senso nella città moderna. Il risultato è un grande edificio unitario che è allo stesso tempo luogo di transito dei treni e sistema di percorsi di attraversamento dei binari in quel punto. Questo incrocio ha stabilito la forma dell’edificio, una forma che deve saper tradurre una funzione urbana in un’esperienza conoscitiva, come avviene in ogni architettura compiuta. In un luogo che per vocazione diverrà uno dei centri più importanti della città di nuove dimensioni.  



IN

Massimo Ferrari (a cura di) Antonio Monestiroli Opere, progetti e studi di architettura Electa Milano 2001

Francesco Moschini (a cura di) Antonio Monestiroli Progetti 1967-1987 Edizioni Kappa Roma 1988