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RECUPERO DELL’AREA DELLO SCALO FARINI A MILANO VERSIONE II


LUOGO Milano, Italia
ANNO 2013
TEMA Città
STATO Progetto
PROGETTISTI Antonio Monestiroli, Tomaso Monestiroli, Claudia Tinazzi
COLLABORATORI  Luca Cardani, Fabio Sebastianutti


Avere già fatto un progetto sulla stessa area circoscrive il campo della ricerca all’isolato residenziale di cui sono possibili diverse varianti. All’interno di uno stesso impianto delle infrastrutture viarie e ferroviarie e di uno stesso progetto delle aree verdi, dei parchi e giardini, ci siamo posti il problema della definizione degli isolati residenziali e delle loro possibili varianti tipologiche. Prendiamo come esempio un isolato a corte. Abitare in una corte di dimensioni grandi o piccole, chiusa o aperta, separata o comunicante con altre corti, definisce il carattere del luogo della casa. La corte è un luogo concluso che manifesta il suo significato originario di luogo domestico proprio per il suo essere concluso. Nella storia della città il tipo a corte ha avuto una forte permanenza proprio per questo suo significato.

L’isolato a corte riproduce a livello collettivo un valore che è proprio della singola casa, un valore legato all’individuazione di un luogo e alla sua protezione.
Un tipo di abitazione diametralmente opposto al tipo a corte è la casa a torre. La torre stabilisce relazioni con il paesaggio circostante, urbano o naturale. Al contrario della corte, la torre non ha confini che delimitano il luogo della abitazione ma, per sua definizione, si affaccia su luoghi aperti e sconfinati.
La nostra ricerca, nel secondo progetto sullo scalo Farini, si è concentrata sugli isolati a corte e i tipi a torre, con le possibili variazioni e/o integrazioni motivate dalla loro localizzazione nel contesto ma anche da una idea di architettura dei luoghi della abitazione. Nel primo progetto abbiamo lavorato sulle dimensioni dell’isolato ampliandole fino a raggiungere una misura compatibile con il riconoscimento di un luogo delimitato. Il secondo progetto per la stessa area è in continuità con il primo, con una variante sostanziale che consta nel voler accogliere, all’interno dello spazio delimitato dai due edifici in linea paralleli, altri tipi edilizi organizzati lungo i due lati definiti dagli edifici in linea e sul margine di una larga fascia di verde al centro dell’isolato che continua negli isolati confinanti a nord-est e a sud-ovest. Ne risulta un isolato complesso composto da diversi tipi edilizi: le case in linea per i corpi di fabbrica che delimitano i due lati dell’isolato, le case a corte aperte sul verde centrale e le case a torre. Tre tipi che offrono diverse possibilità di scelta dei modi di abitare. L’isolato diventa una sorta di isola residenziale il cui valore sta nella diversità dei tipi e nella loro composizione in un unico sistema architettonico. A questo punto il linguaggio architettonico del singolo edificio risulta secondario e di poco interesse. L’importante è che il carattere delle architetture che si andranno a costruire corrisponda a quello dei luoghi collettivi progettati. La varietà, quindi, non sarà data necessariamente dalla differenza linguistica tra un edificio e l’altro. La varietà avrà origine dall’impianto stesso e dalla relazione tra tipi edilizi differenti.
Il tema della relazione fra edifici diversi e la definizione della forma dei luoghi che ne risultano è un tema affrontato da Camillo Sitte nel suo trattato e poi abbandonato dalla pratica della progettazione urbana contemporanea. L’arte di costruire la città, pubblicato nel 1889, contiene una grande aspirazione: quella di costruire la città come luogo della rappresentazione della nostra cultura, luogo nelle cui forme riconosciamo la nostra identità. Un’idea di città nella quale si rivendica il valore estetico dei luoghi urbani, esprimibile solo attraverso una codifica delle regole della sua costruzione. Camillo Sitte insiste sulla necessità di riconoscere nella città i luoghi significativi di una cultura dell’abitare. La teoria della piazza nel suo trattato ha questo significato: riconoscere i luoghi delle istituzioni urbane come luoghi dello stare collettivo. Il rovesciamento del rapporto città-natura, la scelta della natura come contesto di costruzione della città obbliga a una teoria degli spazi aperti, in cui la natura stessa è spazio delle relazioni tra elementi urbani distinti. È questo il motivo per il quale la ricerca di Sitte non diviene operativa. Tuttavia l’ipotesi della città come opera d’arte resta valida: la forma dei luoghi dovrà essere rappresentativa. Cambia solo il punto di vista. Il tema che la città moderna si trova ad affrontare è quello della ricerca di una regola di costruzione degli spazi aperti. Una regola che sia riconosciuta e condivisa così come lo è stata quella degli spazi chiusi della città preottocentesca e ottocentesca. Crediamo che il sistema di luoghi interni all’isolato che risulta dalle distanze reciproche degli edifici (luoghi tutti percorribili liberamente da coloro che vi abitano, ma anche da coloro che usano i servizi con- tenuti nell’isolato: scuole, mercati, luoghi della cultura ecc.) debba essere oggetto di un progetto di architettura che definisca la forma di ognuno di essi e la forma generale dell’isolato come luogo dell’abitazione. In questo caso si può parlare di architettura degli isolati che hanno un impianto comune rispetto al quale si costruiscono ognuno con una sua individualità che lo distingue dagli altri. Uno dei fattori che distingue la città antica da quella moderna è la dimensione degli interventi. All’interno delle grandi dimensioni degli isolati residenziali della città contemporanea, necessarie per ridurre il traffico e creare grandi aree pedonali interne all’isolato, si possono riprodurre relazioni fra le parti che definiscono sistemi formali compiuti e unitari. La scarsa qualità dei progetti urbani contemporanei, non solo in Italia, crediamo sia dovuta prima di tutto alla crisi dell’idea di città permanente nella storia, crisi dovuta al diverso punto di vista sul rapporto fra la città e la natura, ma certamente anche all’interruzione degli studi urbani, che ha portato a separare l’architettura degli edifici dalla architettura dei luoghi in cui gli edifici sorgono. Questo rapporto, che è sempre stato uno dei valori costitutivi della città antica, va stabilito di nuovo, all’interno della città di nuove dimensioni in cui la natura è il nuovo contesto di costruzione. Questa è la direzione verso cui vuole andare la nostra ricerca.



IN

L. Cardani (a cura di) Studio Monestiroli  Opere e progetti di Architettura Electa Milano 2021

R. Neri (a cura di)  La parte elementare della città  
LetteraVentidue Siracusa 2014

IDENTITÀ DELL’ARCHITETTURA ITALIANA N11 2013

G. Malacarne (a cura di)  La casa. Forme e luoghi dell’abitare urbano  
Skira Milano 2013