TEATRO DI UDINE
LUOGO Udine, Italia
ANNO 1974
TEMA Architettura, Luoghi della cultura, Teatro
STATO Concorso
PROGETTISTI Antonio Monestiroli, Paolo Rizzatto
Il tema del teatro, nella storia recente, è privo di riferimenti di cui tenere conto: i teatri più belli sono ancora i teatri antichi. La prima questione da affrontare è la definizione dei caratteri generali di questo edificio, attraverso l’analisi dei teatri della storia e la riflessione sul significato generale di questa attività culturale. Il teatro greco stabilisce il luogo teatrale fra la cavea e la natura circostante. Un sistema di punti di vista dell’azione teatrale che ha come sfondo la natura. La natura stessa diventa il contesto della vita degli uomini. Il teatro romano muta profondamente questo rapporto. Il luogo teatrale si costruisce sul rapporto fra la cavea e una scena fissa, quasi sempre «il fronte di un palazzo immaginario» come dice Vitruvio.
L’edificio è chiuso rispetto alla natura circostante, libero da ogni collocazione geografica obbligata, un manufatto autonomo che viene costruito nel punto più favorevole di tutte le città di fondazione. Fra il teatro di Epidauro e il teatro di Marcello passano duecento anni e il teatro si libera da due vincoli: il primo culturale (il rapporto con la natura) e il secondo costruttivo (il declivio del terreno). Dopo il teatro romano non c’è nessun tipo che lo rinnovi fino al teatro barocco o teatro all’italiana; fino all’idea del teatro come macchina per la rappresentazione. Fra questi due estremi vi sono il teatro Olimpico di Palladio che si può considerare l’ultimo teatro a scena fissa e il teatro Farnese a Parma che è il primo a scena mobile. Tuttavia nel rinascimento accade un fatto importante per il teatro e la sua cultura: si prende coscienza della teatralità urbana o della città come teatro della vita degli uomini. Serlio costruisce le scene drammatica, comica e satirica di cui le prime due urbane: la prima costruita con palazzi monumentali e la seconda con abitazioni civili. La terza, la scena satirica, è costruita con raffigurazioni della natura. Questa esperienza è importante per il teatro ma anche per l’architettura della città. Si impara a leggere la città come sistema di rappresentazione. E la città stessa, con le sue forme architettoniche, parte integrante, contesto formale fisso dello spettacolo che si compirà nelle sue piazze. E l’architettura della piazza è la scena fissa a cui si riferisce ogni tipo di rappresentazione. Il progetto di Bramante per il Belvedere è esemplare: un luogo che contiene nella propria architettura la sua teatralità. Infine il teatro all’italiana, in cui un sipario divide il teatro in due parti nettamente distinte: una al di qua e una al di là di esso, stabilendo un rapporto magico fra il luogo degli spettatori e il luogo delle macchine teatrali. Questo è il teatro che più degli altri si costruisce sulla sua funzione specifica: l’atto e le tecniche della rappresentazione. Una sua metà è affidata all’immaginazione. La sua forma rimanda a qualcosa che dovrà avvenire e che lo completerà soltanto durante il suo funzionamento. Fra queste diverse forme di teatro, il teatro a scena fissa è quello che più rappresenta la sua funzione generale. Con esso si costruisce un sistema formale che diventa il riferimento costante per ogni allestimento successivo. Su questo concetto abbiamo definito l’idea generale del nostro teatro di cui non abbiamo trovato subito la forma adatta. La scelta è stata quella di costruire un luogo attraverso il rapporto di più scene fisse. Questo è il luogo definito dall’architettura, all’interno di questo luogo la massima libertà di allestimento scenico permette ogni tipo di rappresentazione. Il bando chiedeva due teatri, uno grande (1000 posti) e uno piccolo (300 posti), uno spazio in cui fossero possibili diversi tipi di rappresentazione e una serie di locali per attività didattiche. L’unico teatro moderno che corrisponde in parte a tali requisiti è il teatro di Mannheim di Mies van der Rohe: in una grande sala sono costruiti due teatri contrapposti. L’idea iniziale ha così preso una forma: due teatri contrapposti all’interno di un unico spazio, in cui uno fosse scena rispetto all’altro. Il teatro più grande contiene il più piccolo ed è costruito da un corpo di fabbrica che può contenere tutte le funzioni di servizio richieste dal bando. Ne risulta un unico grande spazio coperto (può essere considerato una corte coperta) al quale si accede da due strette vie e che può essere allestito nei modi più diversi. Si tratta di affrontare la questione più difficile: costruire l’architettura delle due scene fisse. Il teatro grande è servito da ballatoi di distribuzione sovrapposti che durante lo spettacolo possono essere usati come logge dagli spettatori. Il teatro piccolo è delimitato da cinque piani di palchi o semplici luoghi di osservazione. Tuttavia questi elementi, assunti funzionalmente, non sono sufficienti a costruire una scena fissa. La scena, nel teatro classico, ha sempre un valore paradigmatico. Analogamente abbiamo cercato, per la costruzione delle due facciate contrapposte, di rappresentare le due forme semplici in cui può essere costruito un fronte architettonico: con travi e pilastri, o con un muro finestrato. Qui si dovrebbe aprire un discorso sul linguaggio in architettura, sul processo di riduzione degli elementi ai loro caratteri essenziali, sul rapporto fra la colonna e il pilastro ecc. Credo che si possa affermare che il sistema trilitico e il muro finestrato sono due elementi semplici del linguaggio. Fino ad oggi ho sempre usato solo questi due elementi, spesso in modo povero e schematico, pur sapendo che consentono la costruzione di partiture di grande ricchezza e varietà. Nel caso di Udine abbiamo usato un unico sottile pilastro in ferro, ininterrotto, per stabilire l’unità del fronte. Per i fronte del teatro piccolo abbiamo trovato una conferma in un disegno di De Chirico. La finestra ha in questo disegno un aspetto talmente magico che non abbiamo saputo fare a meno di questo riferimento. Lo spettacolo è tutto ciò che accade fuori dalla finestra. Ad ogni finestra si affacciano due persone, le stesse persone affacciate sono una forma di spettacolo.
IN
Massimo Ferrari (a cura di) Antonio Monestiroli Opere, progetti e studi di architettura Electa Milano 2001
Francesco Moschini (a cura di) Antonio Monestiroli Progetti 1967-1987 Edizioni Kappa Roma 1988